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Alimentazione e intolleranze alimentari
Gli anziani con più di 85 anni stanno meglio di quelli con minore età. I perché sono molteplici. Prima di tutto i nati verso i primi anni di questo secolo respiravano un'aria meno inquinata. Quelli che sopravvivevano alle malattie acquistavano una migliore resistenza fisica. Allora c'era carestia, guerre, minor consumo di alimenti, che erano anche più genuini. Non c'erano soldi quindi si ricorreva poco al medico, si usavano poche medicine e meno vaccinazioni.
Per contro, le persone di età minore, compresi i nostri giovani, sono cresciuti nell'abbondanza, nell'inquinamento, mangiando cibi con coloranti, conservanti, confezionati e non freschi, carni pompate con estrogeni, antibiotici usati per preservare i surgelati, latte e derivati in abbondanza, verdure e frutta trattate con concimi chimici e antiparassitari, cibi non più integrali. Tutto questo ha portato a sintomi e malattie da sbagliata alimentazione, con carenze di vitamine, sali minerali, oligoelementi, che alterano organi ed apparati. Col tempo siamo arrivati alle allergie e alle intolleranze alimentari. Le allergie si manifestano immediatamente dopo l'ingestione del cibo che viene riconosciuto e non più mangiato. Le intolleranze invece si manifestano in modo subdolo dando sintomi che non colleghiamo agli alimenti e che continuano a tenerci in uno stato di "subsalute". Detti sintomi sono: stanchezza persistente, vuoti di memoria, difficoltà a concentrarci, errori parlando o scrivendo, difficoltà ad esprimersi (non ci ricordiamo la parola che dobbiamo dire, anche se sappiamo benissimo quale è), vertigini, palpitazioni, ipersudorazione, edemi ricorrenti al viso, mani, piedi, peso maggiore della norma fino all'obesità, prurito, crampi agli arti inferiori, afte orali, alitosi, arsura e voglia di bere acqua, nausea, acidità gastrica, aerofagia, meteorismo, gonfiore di stomaco e intestino, stitichezza alternata a diarrea, bisogno di urinare spesso sia di giorno che di notte. Se non si eliminano gli alimenti a cui siamo intolleranti, i sintomi summenzionati si aggravano sempre più, portandoci a vere e proprie malattie. Purtroppo il nostro corpo riconosce la pericolosità di questi cibi e ci fa produrre adrenalina, che inizialmente ci fa sentire bene e ci induce a mangiare in quantità maggiore. Dopo qualche ora, quando si esaurisce l'adrenalina, iniziano i sintomi e siamo spinti a rimangiare l'alimento per sentirci meglio, dato che ad ogni ingestione l'adrenalina viene ristimolata. Esempio di questo meccanismo perverso sono i bevitori di caffè "che non riescono a svegliarsi se non bevono il caffè". Il loro risveglio non è dato dal caffè, ma dall'adrenalina. Tanto è vero che dopo due o tre ore, cioè quando hanno davvero digerito il caffè, ma anche quando l'adrenalina ha finito la sua azione, si sentono stanchi ed hanno bisogno di un altro caffè, e così via per tutta la giornata. Stesso discorso vale per i fumatori e per i tossicodipendenti. Se un alimento intollerante ci procura cefalea, può succedere che quando non lo assumiamo più si verifichi un aggravamento della cefalea dovuta alla sindrome di astinenza, simile a quella che si ha con le droghe. Non bisogna spaventarci perché questo è un avviso che il corpo si sta depurando dal cibo cui eravamo intolleranti. Già dopo due o tre giorni staremo meglio e ci sarà anche una diminuzione di tutti i sintomi di malessere che accusavamo mangiando quel alimento, ma che non associavamo ad esso. Da studi clinici si è notato che gli alimenti cui siamo maggiormente intolleranti sono quelli che mangiamo più volte al giorno e per tutto il periodo della vita. Sono: latte e latticini, gelati, carboidrati, pasta e pane, dolci, pizza, alcolici, caffè, olio d'oliva, patate, peperoni, melanzane, pomodori, carne di maiale, uova. Non introducendo da 2 a 4 mesi questi alimenti l'intolleranza diminuirà e noi potremo reintrodurli nella nostra dieta ogni 4 o 5 giorni, in modo che il corpo abbia la possibilità di smaltirli.
Così forse, anche i minori di 85 anni cominceranno a vivere senza malattie.
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